“Va dal dentista per farsi ricementare una corona e si sveglia dopo otto ore con la bocca distrutta.
La surreale e drammatica vicenda è accaduta a una giovane e bella ragazza all’epoca non ancora
trentacinquenne che sta ancora cercando di ottenere giustizia e deve combattere contro le distorsioni dela
macchina giudiziaria italiana.
Alina Babakhanova, questo il nome della ragazza di nazionalità armena, in quello sciagurato giorno di
maggio del 2014 si ritrovò in bocca una corona provvisoria staccatasi da un impianto dentale
precedentemente posizionato dal suo dentista in Ucraina in attesa di confezionare quella definitiva di lì a
poco. Questo come sappiamo è un evento banale che può essere capitato alla quasi totalità di noi e che si
risolve con un breve passaggio dal dentista o addirittura con un particolare cemento fai da te che si può
comperare in qualunque farmacia.
La sfortunata ragazza trovandosi a Como si rivolse ad una nota clinica dentale concittadina dove il
proprietario Dottor M.D. invece di limitarsi alla semplice ricementazione, dopo averle eseguito una
radiografia panoramica e 10 radiografie endorali le descrisse una situazione dentale talmente
compromessa da farle rischiare, a suo dire, entro breve tempo una pericolosissima infezione del sangue che
sicuramente sarebbe esitata in una meningite purulenta che le avrebbe compromesso irreparabilmente le
funzioni cerebrali se non addirittura portata alla morte. Potete immaginare quale fu lo sgomento e l’ansia
che queste parole generarono nella ragazza che pur essendo una valentissima e apprezzata psicologa, non
parlando ancora ai tempi perfettamente la lingua italiana, comprese solo di essere in imminente pericolo di
vita. Si affidò quindi alle cure del dottor M.D. che in una drammatica seduta programmata di lì a breve
dopo averla addormentata con una iniezione di un potente anestetico trafugato in ospedale, nel corso di un
intervento durato più di otto ore, le estirpò letteralmente i molari inferiori e l’impianto dentale che il
precedente dentista aveva perfettamente posizionato nei mesi precedenti. Questo fu l’inizio di un vero e
proprio calvario psicofisico fatto di dolori, infezioni e cure antibiotiche del tutto inutili che si protrassero per
mesi durante i quali nessuno degli interventi eseguiti andò a buon fine tanto che le vennero estratti ancora
due molari, le vennero rimossi due ponti perfettamente sani e infissi due altri impianti senza che ce ne
fosse alcuna necessità in maniera tanto maldestra da lesionarle i denti naturali vicini. Tutto ciò continuò in
un crescendo di insuccessi, denti persi dolori inenarrabili fino a quando la stessa assistente del Dottore
consigliò, in separata sede, Alina di rivolgersi ad un altro dentista per cercare di porre fine a questo
massacro. Dopo tutto questo patire è naturale che la paziente citasse in giudizio il professionista autore di
tutto ciò dichiarandosi davanti al giudice civile, fin da subito, pronta a rinunciare a quanto a lei dovuto così
come richiesto in sede civile in funzione di veder riconosciuta la responsabilità penale per lesioni personali
del professionista. Ad oggi Alina non è ancora riuscita a vedere soddisfatte le sue ragioni perché il
consulente tecnico nominato dal Giudice Penale, senza che possedesse quel minimo di requisiti scientifici
necessari, sconvolgendo del tutto inaspettatamente il giudizio unanime di colpevolezza espresso dai più
prestigiosi luminari dell’Odontoiatria legale italiana intervenuti a vario titolo nel processo, ha valutato che
nulla dell’operato del dentista fosse errato o addirittura nocivo. La vicenda giudiziaria, come ci spiega
l’avvocato NEGRETTI legale di fiducia di Alina, non è ancora conclusa e si è interposto Appello per poter
soddisfare la ricerca di giustizia per dei fatti che la hanno completamente sconvolta e distrutta. Con
l’Appello si cercherà di ottenere una rivisitazione e rinnovazione della CTU che ha dato dei riscontri
inaccettabili e incomprensibilmente contrari alle rilevanze evidenziate da tutti gli altri periti coinvolti nella
vicenda giudiziaria. Si cercherà di confermare i fatti e le circostanze così come sono realmente avvenuti e
non come, purtroppo, falsamente ricostruiti anche dai testimoni intervenuti nel corso del dibattimento di
primo grado ove lo stesso Giudice pur consapevole delle false dichiarazioni, per non procedere a falsa
testimonianza, ha cercato di indirizzare una ricostruzione confacente ai fatti. La responsabilità medica è
rilevante sia per gli inadempimenti professionali (tre preventivi emessi nello stesso giorno, consensi con
firme false, cartelle cliniche che venivano rubate e poi riapparivano miracolosamente) sia per le scelte
operative fatte nel corso di circa un anno di appuntamenti e cure, quasi a voler evidenziare una scelta da
parte del medico coinvolto di sperimentazione e prova nei confronti di una paziente ignara delle scelte e
delle conseguenze con cui sarebbe stata costretta a convivere. In questa vicenda si sta cercando di
restituire giustizia alla sig.ra Alina non potendole restituire la salute dopo le notevoli e gravi conseguenze
patite non solo di natura fisica ma anche psicologica. Allo stesso tempo si vorrebbe evitare che la dolorosa
vicenda da Lei subita possa ripetersi per qualche altro paziente che abbia la sventura di incappare nel
dottor M.D.”